Ecobonus, detrazioni fiscali, fonti energetiche rinnovabili, domotica e controllo intelligente a distanza di consumi e funzionalità dell’impianto di climatizzazione.
Questi sono solo alcuni dei temi che negli ultimi anni hanno alimentato le richieste di riqualificazione energetica del patrimonio esistente.
Considerando che lo sviluppo massiccio di edifici in Italia si è concentrato prima della Legge ordinaria 373 del 1976, la primissima legge sull’efficientamento energetico edilizio, è facile capire come il tema della riqualificazione energetica degli edifici abbia un peso ed un valore ambientale superiore rispetto alla nuova costruzione.

L’espressione riqualificazione energetica sottintende uno sviluppo in positivo, che si basa sulla possibilità di portare un edificio esistente dalla condizione di sprecare energia alla possibilità di migliorare la propria impronta energetica con evidenti benefici anche in termini economici.

L’ultima definizione di riqualificazione energetica in ordine temporale si deve al DM Requisiti Minimi, decreto 26 giugno 2015, che riporta obblighi, verifiche necessarie e limiti da rispettare per gli interventi previsti su edifici nuovi o esistenti. Il DM riconosce tre grandi categorie di intervento:
Interventi di nuova costruzione, all’interno dei quali ricadono anche gli ampliamenti e le ristrutturazioni importanti che interessano più del 50% della superficie disperdente dell’involucro e l’intero impianto termico.

Le ristrutturazioni importanti che interessano almeno il 25% della superficie disperdente dell’involucro dell’edificio.

Le riqualificazioni energetiche, dove si trovano gli interventi sull’involucro, sull’impianto termico o le sole sostituzioni di generatore di calore.